Rikard Sjoblom (Beardfish)

Rikard Sjoblom (Beardfish)
“La luce sul Prog non si è mai spenta, è stata solo offuscata in attesa di nuova energia dal risveglio delle coscienze....”. (Mauro Pini)

mercoledì 28 dicembre 2016

Top Five Internazionale 2016

Scegliere nel mare magno delle uscite discografiche del 2016 non è agevole. 
Eccovi la mia personalissima, nonchè opinabilissima, top five internazionale tra i lavori che ho potuto ascoltare

Amoeba Split: Second Split
Uscito il 2 Giugno per la Label Azafran Media, “Second Split” il secondo attesissimo disco degli spagnoli Amoeba Split, seppur più incline a virate jazzistiche, non ha deluso le aspettative.
Chi, come il vostro blogger, si era deliziato con il loro primo album “Dance of Goodbyes” (vedi http://progressivedelnuovomillennio.blogspot.it/2015/05/amoeba-split.html) troverà anche in questo lavoro, totalmente strumentale, le coordinate canterburiane che tanto fascino esercitano ancora nel terzo millennio, il tutto con una freschezza compositiva che l’ensemble galiziano mette in ogni nota delle sei tracce per 41 minuti di sound stupefacente.
Line up: Ricardo Castro Varela: Hammond, Mellotron, Moog, Piano. Alberto Villarroya Lopez: basso, tastiere e chitarre. Fernando Lamas: batteria. Pablo Añón : Soprano, alto & sax tenore. Eduardo "Dubi" Baamonde : Sax tenore e flauto e Ruben Salvador: Tromba.

Hominido: Alados
Gli Hominido sono un’entità importante per il progressive sudamericano, cileno in particolare.
Il loro secondo disco, “Alados”, uscito in autoproduzione il 7 Settembre, conferma la consistenza  sonora del primo disco “Estirpe Litica (2014) nonostante le importanti defezioni di uno della triade dei padri fondatori del gruppo: il bassista Francisco Martin e soprattutto della voce femminile Eliana Valenzuela.
Alados è comunque un disco molto godibile, cantato in spagnolo (idioma che trovo molto suggestivo di per sé) da Javier Briceño Perez, per un’ora abbondante di musica suddivisa in undici tracce composte dai padri fondatori del gruppo Pablo Carcamo Risso e Rodrigo González Mera.
Nel loro sound, fluttuante tra dolcezza e vigore, predominano i delicati tocchi chitarristici di Nathan Ide Pizarro e una suadente tromba suonata Cristopher Hernandez Catipillan che utilizza anche il Duduk, un antico strumento tradizionale armeno simil flauto.
Line up: Javier Briceño Perez: voce. Pablo Carcamo Risso: chitarra, tastiere.
Nathan Ide Pizarro: chitarra tocco. Rodrigo González Mera: batteria, percussioni. Cristopher Hernandez  Catipillan : tromba, corno francese, duduk e Benjamin Ruz Guzman: violino.

Dungen: Haxan
Gli svedesi Dungen sono giunti nel 2016 a registrare l’ottavo disco in studio, un album completamente strumentale dal titolo Haxan che significa  “ La Strega”.
Il lavoro, uscito a livello mondiale il 25 novembre per l’etichetta Smalltown Supersound, è di fatto il commento sonoro del più antico film d’animazione muto del 1926 “The adventures of Prince Achmed” della cineasta tedesca Charlotte “Lotte” Reiniger.
Quattordici tracce (tutte con titoli in svedese) per 39 minuti di proposta musicale in cui il quartetto di Stoccolma si esibisce in una performance assai affascinante tra psichedelia progressiva, passaggi free form e ambientazioni più pacate simil Sigur Ros con uno spiccato minimalismo melodico.
Line up: Gustav Ejstes: pianoforte, chitarra. Reine Fiske: chitarra. Mattias Gustavsson: basso. Johan Holmegaard: batteria


Dewa Budjana: Zentuary
Il nuovo doppio album, triplo se parliamo di vinile, del compositore/produttore/chitarrista indonesiano Dewa Budjana (classe 1963) è davvero di notevole qualità.
“Zentuary”  è un lavoro prog/fusion con marcate influenze etniche.
In questa uscita discografica il musicista balinese (leader della pop/rock band “Gigi”) viene affiancato da un cast stellare: Tony Levin al basso, i magnifici batteristi/pianisti Gary Husband e Jack DeJohnette, i sassofonisti Danny Markovich e Tim Garland, Guthrie Govan alla chitarra e la straordinaria flautista indonesiana Saat Syah.
Dodici tracce per oltre 100 minuti di magistrale musica quasi tutta strumentale, con due brani cantati dalle vocalist Ubiet e Risa Saraswati.e un cameo dell’Orchestra Sinfonica della Repubblica Ceca diretta da Michaela Růžičková.
Un lavoro suntuoso, molto ambizioso, da possedere assolutamente in discografia.

Gustavo Santhiago: Animam
Cinque tracce per 47 minuti di prog sinfonico per il disco d’esordio autoprodotto di questo giovanissimo polistrumentista/compositore brasiliano.
Se il buon giorno si vede dal mattino è indubbio che Santhiago -con i suoi 17 anni- abbia un futuro radioso in quanto queste composizioni sono già di eccellente livello con un uso massiccio di tastiere e fughe melodiche d’impatto, con riferimento ai classici del prog seventies, virate verso musica etnica (indiana, celtica) e afflati jazzistici.
Nulla di originalissimo ma prodotto davvero gradevole e poi bisogna dare fiducia alle giovani leve..    
Tutti i brani sono stati composti, prodotti e mixati dallo stesso Gustavo Santhiago, coadiuvato come ingegnere del suono e mastering da Renato Napty. L’artwork è di Eduardo Passini.
Line up: Gustavo Santhiago: tastiere, basso, flauto. Felipe Salvego: chitarre. Ilan Milner : basso. Giovanni Lenti (cugino) e Gabriel Costa: batteria. Ricardo Santhiago (fratello): chitarra, sitar.


Tra i dischi non propriamente progressive, desidero segnalare un gioellino uscito il 3 Giugno per ATO Records, si tratta di Monolith of Phobos  composto e suonato dai virtuosi polistrumentisti/ cantanti Les Claypool (il leader dei Primus) e Sean Lennon (il figlio che John ha avuto da Yoko Ono nel 1975).
Undici tracce per 50 minuti di puro sound psichedelico seventies con un tocco di “sghembo” space rock. Su tutta questa geniale follia creativa predominano la verve schizo/istrionica di Claypool che al basso è un autentico fenomeno e la vocalità simil paterna di Sean Lennon che addolcisce le partiture non sempre agevoli per il fruitore.

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